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IL GUSTO DEGLI ALTRI
(LE GOUT DES AUTRES)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 marzo 2001
 
di Agnès Jaoui, con Anne Alvaro, Jean-Pierre Bacri, Agnès Jaoui, Alain Chabat (Francia, 2000)
 
Sciaguratamente proposto dalle nostre sale nella sola versione doppiata in italiano, ad un anno dalle sua uscita in Francia LE GOUT DES AUTRES sbarca nel bel mezzo della solita distribuzione governata dal cinema delle majors americane. Malgrado si tratti del maggior successo, anche di pubblico della scorsa stagione francese, malgrado premi Césars e nomine agli Oscar vari; malgrado, soprattutto, si tratti del tipico film che vive di situazioni, dialoghi, notazioni, atmosfere, scelta di attori, qualità della recitazione.

IL GUSTO DEGLI ALTRI è un film disteso, gradevolissimo, una volta si sarebbe definito leggero e magari inconsistente; ma, in effetti, di osservazione comportamentale, se non addirittura sociologica. Un film sull'ipocrisia, sul settarismo che rende ognuno prigioniero della propria classe sociale o intellettuale; sulla maschera del vicino. Quella che, con un minimo di sforzo (il "gusto", appunto, dell'altro) non è difficile strappare. Anche se al suo primo film come regista, Agnès Jaoui è tutt'altro che una sconosciuta: con il compagno Jean-Pierre Bacri forma una coppia di autori teatrali di successo e formidabili sceneggiatori (opere di sapiente costruzione corale come ARIA DI FAMIGLIA ed, in particolare i capolavori SMOKING, NO SMOKING e PAROLE, PAROLE, PAROLE di Alain Resnais). Il suo sarà quindi un film di costruzione e di ragionamento, anche se non forzatamente letterario o teatrale (è uno dei suoi pregi); nel quale la regia segue l'idea sulla carta, al servizio di un'architettura. Un film che ci aiuta a capire che, se è vero che il cinema nasce sempre dalla qualità di uno sguardo, esso può anche costruirsi sull'intelligenza e la grazia di una riflessione.

Un film sulla solitudine. E sul pregiudizio: nel quale un impresariotto di provincia (Bacri), apparentemente volgare e meschino s'innamora di un'attrice di teatro, apparentemente distante e maldisposta. Una giovane barista apparentemente liberata (Jaoui), finisce per legarsi all'apparentemente cinica guardia del corpo dell'industriale (Lanvin). O gli artisti ed intellettuali mondani, apparentemente lucidi, che gravitano attorno al bar del centro finiscono per accorgersi che a limitarsi a sfottere (irresistibilmente...) i borghesi si arrischia di rimanere egualmente prigionieri di certe apparenze.

L'arguzia melanconica, la finezza della scrittura e della costruzione, il piacere evidente di abbandonarsi ad una satira che non scade mai nella caricatura evitano al film i rischi del caso: buonismo e moralismo. Certo, IL GUSTO DEGLI ALTRI è un attimo consapevole della propria maestria, di quel suo modo di arrangiare alla perfezione le tessere del mosaico, di lasciare poco all'imprevisto; come un gatto programmato per ricadere inevitabilmente sulle proprie zampe. Ma la seduzione, per agire, necessita pure di un minimo di calcolo.


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